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prese a seguire vie impervie, puntando a stabilireuna distanza con tutto quanto potesse apparirefacile e, per questa ragione, datato, Rota preferistabilire canali di connessione ove possibile direttacon il pubblico. E, nel perseguire questo fine,elaboro un linguaggio tutt’altro che superficiale,anzi, molto personale nella misura in cui non fossericonducibile pedissequamente a parametti ditradizione assodata né adottasse una sintassi daaccademia. Scelse di innovare dall’interno delsistema e senza operare sconquassi, scoprendosisowersivo, a modo suo.Talento precoce, a undici anni compose (e diresse,per una replica francese) ‘oratorio “L’infanzia di SanGiovanni”. A quindici, completd un’operina, “Ilprincipe porcaro”, cui avrebbero fatto seguito altridieci titoli per il teatro; l'ultimo, “Napoli milionaria’, sisarebbe rivelato esito estremo della collaborazionefelice con Eduardo De Filippo. Oltre al sommoEduardo, complice assiduo e prezioso di Rota fu('altrettanto sommo Federico Fellini. Proprio ilregista riminese, in una circostanza, ebbe a definire“oericolosa” la musica del suo autore preferito,riconoscendo ad essa la capacita di esprimere...“qualcosa di irraggiungibile, di non abitabile, dicelestiale, di ammonitore, di moralistico”. Un'arma,praticamente.Nel catalogo rotiano, dominato dalle colonnesonore per il cinema (soprattutto) e per latelevisione, trovano spazio pure numerosi pezziorchestrali e vari concerti per strumento solista,quindi una mole significativa di pagine cameristiche.II pianoforte, che fu strumento prediletto dalcompositore, occupa un ruolo non preminente,annoverando una ventina di lavori, inclusi quelle aquattro mani e i tre concerti con orchestra. Unafrazione non esigua di questi cimenti pianisticirimanda al periodo creativo precedente la guerra e,in qualche caso, alla fase di formazione delcompositore. In quest’ambito, poco pill cheadolescenziale, ricorrono piccoli esperimentisolistici, divertimenti resi spesso in forma diomaggio a questo 0 a quel personaggio degno diriguardo, schizzi abbozzati con la disinvoltura -troppo elegante per essere scambiata persfrontatezza - dell'artista emergente. In ogni caso, ilrapporto di Rota col pianoforte non si sarebbe maiinterrotto e, anzi, sarebbe stato coltivato con lenapure negli ultimi anni di vita e di carriera, mentre ilricorso allo strumento si trasformava in giocodisincantato. Spesso, allora, il contesto pianisticodiventa quello in cui il compositore rimodula, quasiin scala ridotta, certe idee nate con respiro pilampio: si ascolti, in proposito, la suite tratta dal film“Casanova”, owiamente di Fellini. Divertimentoaffettuoso e territorio di sperimentazione, insomma.Per lui — dicevano i suoi amici — suonare ilpianoforte era naturale quanto mangiare.
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