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Il cornetto è probabilmente lo strumento più fortemente legato alla pratica della diminuzione, l'arte di variare le melodie improvvisando, per la quale in Italia sono stati stampati numerosi trattati nel XVI e XVII secolo, ed è proprio a cavallo di questi due secoli che questo strumento ha avuto la sua massima espressione. Nella riscoperta e pratica moderna della musica dei secoli passati è stato fatto molto sotto tanti aspetti, ma non abbastanza per far rivivere la pratica dell'improvvisazione, che un tempo era una capacità indispensabile per tutti gli strumentisti e cantanti. Quello che più mi appassiona del mio percorso come cornettista è proprio lo studio e la sperimentazione di queste tecniche di ornamentazione all'improvviso, e I Cavalieri del Cornetto riunisce musicisti con questo interesse, che interagiscono con un linguaggio comune caratterizzato da estemporaneità e virtuosismo, rendendo i brani talvolta solo un po' variati, altre volte radicalmente stravolti. Così facendo otteniamo spesso una sorta di improvvisazione collettiva di cui già gli antichi in certi casi si lamentavano, come potete leggere nelle citazioni riportate sotto, ma come accade nel mondo jazzistico e in altri generi musicali che comprendono l'improvvisazione, sono da sempre presenti svariate modalità di approccio, derivate sia dall'estro che dalle capacità tecniche individuali, e sebbene sia i musicisti che gli ascoltatori siano spesso in disaccordo sui gusti musicali, tutte le realtà concorrono ad offrirci un panorama il più variegato possibile.
Ercole Bottrigari, Il Desiderio (Venezia 1594): “...quella prosontuosa audacia di volersi, non dico alcuna volta qualcuno: ma quasi del continovo, & tutti moversi, come à garra in un tempo medesimo à far passaggi: Et tal'hora per maggiormente mostrare il loro valore tanti lontani dal contrapunto della propostasi compositione Musicale, & tanto intricati perciò di disonantie trà loro, che sforzatamente si accresce all'hora, che anco quelli (e vedete di gratia fin dov'è giunto questo capriccio, & questa frenesia) che essercitano la parte grave, e bassa, non si ricordando, per lasciar di dir non sappendo, che ella è la base, & il fondamento, sopra il quale è stata fabricata quella cantilena: E che non istando egli fermo, & saldo tutta questa fabrica conviene, che vada sossopra, si pongono su grilli de' passaggi, & lasciano da questo particolare diletto loro tirar tanto oltre, che non solamente passano nella parte de' Tenori: ma giungono à quella de' Contralti: & non li bastando, quasi à quella de' soprani: inarborandosi di maniera alla cima, che non ne possono scendere, se non à rompi collo.”
Giovanni Battista, Bovicelli, Regole, passaggi di musica, madrigali, e mottetti passeggiati (Venezia 1594): “...altri finalmente dal principio del canto, e fin dalla prima nota cominciano (come si suol dire) alla disperata a far Passaggi, e quel che è peggio, molte volte per far, come al presente si chiama, di gorga, lasciano star di dir tutte le parole, cosa molto disdicevole, e diffetto grandissimo, in qual si voglia, che brami di cantar bene. Devesi dunque nel principiare un canto, per spatio di tre, o quattro tempi astenersi, se però non dico sopra il primo tempo, ma nel secondo, o terzo non vi riuscisse qualche Passaggio tanto opportunamente, che meritasse d'esser ammesso.”
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