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frammentario dal punto di vista amministrativo e debole e oppressivo da quello politico, ancora molto vincolato alle decisioni dei poteri tradizionali e ad una società civile paralizzata da distinzioni di classe, di ordine, di categoria e da leggi caotiche e intricate, mezzo di sopraffazione dei potenti sui deboli. Fin dal suo arrivo a Firenze, Leopoldo si mostrò sensibile nell’applicare una politica egualitaria, rivolgendo i suoi interventi a tutti i sudditi, senza distinzione di ceto, e nel portare avanti, in armonia tra loro, i principi di autorità e di libertà, ponendo particolare attenzione al diffuso problema della povertà, che affrontò con l’intento di portare sollievo alle classi sociali più deboli. Tutte le riforme leopoldine si ispirano al fervore umanitario, ad un desiderio di portare in ogni campo della vita sociale un nuovo soffio di libertà, che ben si rappresenta nei progetti e negli ideali, ma che trova fondamento nelle azioni che riesce a tradurre in realtà. Leopoldine si chiamano tali riforme. E come un illustre patronimico, ancora oggi il nome porta con sé la memoria di luoghi che ebbero, proprio grazie a Leopoldo, un ruolo fondamentale nella storia sociale e civica della Toscana.
Leopoldine di campagna
Gli anni Sessanta del Settecento furono per l’Italia, e in particolare per la Toscana, un periodo di estrema difficoltà sociale ed economica, a causa della carenza di farina di grano, ingrediente principale dell’alimentazione del popolo e in particolare della parte di esso più povera. Il clima irregolare di quegli anni aveva favorito il diffondersi di una malattia dei cereali, provocandone la distruzione. Molti studi a livello scientifico avevano cercato di individuare i rimedi più opportuni per alleviare il disagio che la carestia aveva provocato. L’Accademia dei Georgofili, coinvolta in tali ricerche, promosse indagini sulle malattie del grano e iniziò la sperimentazione di nuove coltivazioni che avrebbero potuto sostituire, nell’alimentazione, il pane con altri surrogati. Il governo di Leopoldo cercò di intervenire prontamente in soccorso di tali disagi, attraverso la liberalizzazione del commercio dei grani. Il 18 settembre 1767 il granduca emanò la legge che fece affluire in Toscana cereali abbondanti e a buon prezzo da paesi in cui la carestia non c’era stata. Fu un intervento rivoluzionario, perché rompeva la catena del mercantilismo, caro ai principi assoluti, e decretava il ruolo innovativo e illuminato del giovane granduca anche in materia economica. La politica frumentaria in particolare, e quella commerciale in generale, seguì da allora in avanti le linee guida suggerite dal liberismo e dalla fisiocrazia, di cui il granduca era assertore convinto: dall’introduzione di una maggiore libertà di produzione
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